Maestri e allievi

Da quando nel 1606 era stato nominato il primo maestro di musica dei Poveri di Gesù Cristo, Giovanni De Antiquis, e poi i suoi successori, era fortemente mutata la struttura organizzativa dell’istituto, che aveva acquistato una grande fama in città grazie alle “flotte” e “paranze” dei suoi allievi, invitati ad esibirsi nelle principali chiese e case private della città, nonostante la concorrenza di altri tre conservatori nel frattempo nati a Napoli.
Una svolta si ebbe nel 1675 quando divenne maestro di cappella del Conservatorio Don Giovanni Salvatore, uno dei più grandi maestri napoletani di quel secolo, che era stato insegnante di Francesco Provenzale e di tanti altri i quali divennero a loro volta protagonisti nelle generazioni successive. Fu allievo di Salvatore ai Poveri di Gesù Cristo Gaetano Greco, che dal 1676 divenne “mastricello” – cioé insegnante dei principianti – e poi negli ultimi anni del secolo direttore del Conservatorio al posto di Salvatore.
In quegli anni si iscrissero al Conservatorio tanti alunni che diventarono poi maestri famosi, tra gli altri, nel 1698, il celebre didatta di canto e operista Nicola Porpora, che fu maestro del cantante evirato Farinelli.
Nel 1675 fu promosso a “mastricello” Donato Ricchezza, un compositore molto legato alla chiesa dei Girolamini, di fronte al conservatoio: e i padri dell’Oratorio lo accolsero amorevolmente negli anni della sua ultima malattia.

Il nuovo secolo si aprì come era finito il precedente: Napoli era ancora governata dagli spagnoli e il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo era ancora diretto da Gaetano Greco. Greco restò il maestro dei maestri fino alla sua morte nel 1728. Accanto a lui, maestro degli strumenti a corda restò suo fratello, Rocco Greco, sostituito dal 1727 da Domenico De Matteis, mentre vari maestri di fiato si alternarono fino al 1725 quando l’incarico fu assunto da Giuseppe Comes. La scuola di violino del nostro Conservatorio era tra le più rinomate in città e fu questo lo strumento in cui si mise in luce un ragazzo arrivato nel 1726 dalle Marche come convittore a pagamento: Giovan Battista Pergolesi detto “lo Jesi”. Il ragazzo era così bravo e talentuoso che fu esentato dal pagamento della retta, divenne presto “mastricello” e fu messo a capo di una delle cinque “paranze”, i gruppi di figlioli che giravano la città nelle processioni o per le feste pubbliche, guidate in genere dai violinisti più esperti. Si dice che “Jesi” passasse più tempo a suonare nella chiesa di fronte a noi, dai padri Girolamini, che nella nostra venendo ben ricompensato. Ma su di lui nacquero tante leggende perché morì troppo giovane, a soli 26 anni, presso i Padri cappuccini di Pozzuoli dove aveva appena terminato il suo capolavoro, lo Stabat Mater nel 1736.

Sicuramente Giovan Battista apprese i segreti che lo resero così celebre in Europa dai suoi maestri del Conservatorio, soprattutto da Leonardo Vinci, un calabrese che aveva insegnato la musica al principe alchimista, Raimondo di Sangro, quando era bambino ed era poi diventato vicemaestro della Cappella Reale e famosissimo in tutta Europa. Anche lui morto prematuramente nel 1730, si dice avvelenato.

Oltre a Pergolesi arrivarono tanti altri “forestieri” da Milano, da Roma e perfino due “todeschi”, oltre a due musicisti di Malta che chiamavano “il Maltese maggiore”, cioé Girolamo Abos e il “Maltese minore”, Giuseppe Arena. Fu un periodo straordinario: basti pensare che nel 1728 per dieci anni diventò maestro dei Poveri di Gesù Cristo il venerabile Don Francesco Durante, uno dei più grandi musicisti della storia di Napoli. Ma non tutto restò come prima, le iscrizioni diminuirono in rapporto alla crescente difficoltà nel trovare posti di lavoro, finché nel 1743 il Conservatorio fu chiuso.